giovedì 17 dicembre 2015

Il Jazz - La Distribuzione

 

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Capitolo II - II.5 La distribuzione


La mancanza di un editore di musica jzz comporta la necessità di fare determinate scelte anche per ciò che concerne la distribuzione. Infatti, la mancanza di investimenti non permette di correre il rischio di una distribuzione tramite edicole o librerie; distribuzione che non potendo preventivare l’entità della resa metterebbe a repentaglio l’esigua economia della testata.


Dal punto di vista della distribuzione “il Gezzitaliano” può essere definito «stampa tecnica e scientifica»106:


«È la stampa rivolta esclusivamente a un settore dell’opinione pubblica, sia esso definito per ragioni professionali, sia per scelte amatoriali (hobby). La stampa tecnica presuppone una pregiudiziale delimitazione e precisazione del campo di attenzione (una fetta piccola o grande dell’opinione pubblica) cui essa potrà rivolgersi. [...] La stampa tecnica dunque “mira a” (sceglie) una limitata parte dell’opinione pubblica e di questa parte tende a occupare l’intero mercato»107.


Proprio per questo,


«Chi si accingesse a “inventare” una testata tecnica non può pensare di avere successo se non è in grado, da subito, di reperire i suoi potenziali lettori. Ne dovrebbe conoscere i nomi e gli indirizzi. O perlomeno deve sapere dove reperirli: in genere sul posto di lavoro. [...] Il file dei possibili lettori è indispensabile come database di tutta l’operazione editoriale»108.


È questo quello che Luciano Vanni fa sin da subito, reperendo oltre duemila contatti a cui inviare la testata109.


Partendo dalle considerazioni di Umbertomaria Bottino si può osservare che, dal punto di vista contenutistico, non ci sono grosse differenze tra la stampa specializzata e la stampa tecnica. La differenza fondamentale sta nel fatto che l’una si offre «a tutta l’opinione pubblica, anche se si sa che soltanto una parte potrà esserne interessata»110; l’altra ha già individuato una potenziale fascia di lettori di cui sa nome, cognome e indirizzo. Ne deriva, come conseguenza, che la stampa tecnica sia più attenta ai bisogni dei propri lettori che conosce personalmente.


Appare chiaro che, nel caso de “il Gezzitaliano”, la scelta di operare una distribuzione da stampa tecnica non è dettata dal fatto che si sia individuato un target ben delineato e soddisfacentemente ampio raggiungibile direttamente a casa o sul posto di lavoro. Come si è già avuto modo di osservare, infatti, “il Gezzitaliano” vorrebbe estendere il numero dei propri lettori al numero che costituisce il target di “Musica Jazz”, sicuramente più ampio di quello di una stampa tecnica.


La distribuzione da stampa tecnica risulta, in questo caso, una buona strategia per iniziare a far circolare e quindi a far conoscere la testata con costi limitati111. I primi destinatari sono, dunque, gli operatori del settore – dei quali è facile reperire le generalità e gli indirizzi – e quegli appassionati di cui si già si conosce il nome; ma, a differenza di una pura stampa tecnica, essi non costituiscono un fine editoriale, bensì un mezzo per far circolare il nome de “il Gezzitaliano” in vista di una distribuzione da stampa specializzata. Nel qual caso, il possibile lettore si troverà di fronte a una rivista di cui ha già sentito parlare e di cui conosce, se non direttamente almeno indirettamente, l’orientamento e il livello qualitativo.


È il caso di considerare un’altra osservazione di Umbertomaria Bottino, che tornerà utile alla nostra riflessione:


«In un progetto di testata tecnica [...] è naturale porsi il problema di collegamenti e sponsorizzazioni con associazioni, enti, movimenti, gruppi sociali interessati al tema portante della testata. Non vi possono essere regole»112.


È in quest’ottica che vanno riletti quei legami (v. § 3, pp. 48-49) con la S.I.S.M.A. e l’A.M.J., che da una parte portano un contributo contenutistico di valore e dall’altra diventano testimonial attraverso la cui immagine “il Gezzitaliano” può valorizzare la propria tra gli addetti ai lavori e gli appassionati113.


105 Luciano Vanni, “Editoriale”, il Gezzitaliano, anno III n. 10, maggio/giugno 1999, p. 3.


106 Umbertomaria Bottino, cit., p. 33.


107 Ibidem.


108 Ibidem, pp. 55-56.


109 «Come feci a creare questa mailing list? Semplice. Ad ogni concerto che assistevo raccoglievo indirizzi degli spettatori, degli organizzatori e dei musicisti; a loro, poi, chiedevo altri indirizzi di colleghi o amici interessati al jazz, per spedirgli gratuitamente la rivista. Nel breve tempo raccolsi più di 2.300 indirizzi, un gran bel patrimonio di contatti che tuttora custodisco gelosamente». Luciano Vanni, Comunicazione personale all’autore, Terni, 05 settembre 2002.


110 Umbertomaria Bottino, cit., p. 34.


111 Tesi avallata dalle stesse dichiarazioni di Luciano Vanni: «Beh, non c’era altro modo di promuoverci se non quello di inviare gratuitamente il nostro prodotto ad addetti ai lavori, appassionati e musicisti, case discografiche e aziende del settore. Era l’unico modo per esistere, per farci conoscere. Era la nostra forma pubblicitaria». Luciano Vanni, Comunicazione personale all’autore, Terni, 05 settembre 2002..


112 Umbertomaria Bottino, cit., p. 55.


113 A tal proposito si leggano le righe che seguono, scritte da uno storico e giornalista come Roncaglia: «Complimenti, poi, per il balzo in avanti di “il Gezzitaliano” e dell’acquisizione del contributo di Marcello Piras: ero a casa di Arrigo Polillo quando arrivò la prima “lettera al direttore” dell’amico Marcello e ricordo quanto ci stupì l’acutezza di quello sconosciuto diciassettenne [...]». Cfr. Giancarlo Roncaglia, Lettera a Luciano Vanni, Torino, 26 gennaio 1999.

                               

martedì 3 novembre 2015

MIRABOLANTI AVVENTURE DI UN JAZZISTA




MIRABOLANTI AVVENTURE DI UN JAZZISTA

di Andrea Pellegrini.

Erasmo, Livorno 2014. Pagine 87 (+ cd); euro 14.

L' apprezzato pianista e didatta livornese ha qui riunito alcuni brevi, vivaci racconti legati a doppio filo a esperienze musicali e di vita. Dalle pagine trasudano una straripante umanità e quell'impareggiabile misto di tagliente ironia e gusto per il surreale tipico dei livornesi. Alcuni episodi, come Vidi Deum (cronaca di un rocambolesco viaggio a Berlino in occasione della caduta del muro) potrebbero essere trasposti su pellicola da Paolo Virzì. I personaggi-tra cui vari colleghi-sono ritratti con quella visione disincantata tutta labronica che culmina in Livorno maudit, immaginario dialogo in vernacolo livornese con Modigliani e critica aspra all'involuzione culturale della città e del Paese. Abbondano i riferimenti, ironici e amari, allo stato avanzato della didattica nei Paesi nordici e baltici: pillole di cruda verità, per far fronte all'cidiozia collettiva crescente».

Il cd «Modigliani» annovera, oltre a Pellegrini e al fratello Nino (cb.). Tino Tracanna (ten., sop.), Tony Cattano (trne) e Michele Vannuccl (batt.).
Guarda caso tutti legati a Livorno..................



giovedì 22 ottobre 2015

TEMPO! LA MIA VITA



TEMPO! LA MIA VITA

di Tullio De Piscopo.

Hoepli, Milano 2014. Pagine 320; euro 18.

La storia professionale di De Piscopo, classe 1946, è uno scintillante mosaico di esperienze variegate; attraversa le vicende musicali italiane a partire dalla complessa rinascita della Napoli del dopoguerra fino a oggi, passando per boom economici e crisi, e lo vede vestire indifferentemente i panni del raffinato accompagnatore jazz (Piazzolla, Chet Baker, Gerry Mulligan), del turnista pop (Pino Daniele) o della popstar che primeggia in classifica (Andamento lento è tra I tormentoni più celebri della canzone italiana).

Ma non si tratta di un'autoceiebrazione rivolta agli ammiratori o soltanto agli appassionati di musica: il libro conquista per la sincerità, per i chiaroscuri (la narrazione parte dalla recente lotta del batterista contro un brutto male, occasione per guardarsi indietro e buttare giù quelle righe), per gli aneddoti gustosi e anche perché permette al lettore di gettare uno sguardo sulla storia italiana più o meno recente dal punto di vista di un musicista di successo. C'è (ovviamente) Napoli e c'è Milano, ci sono ironia e amarezza, musica per pochi e per le masse, con i tamburi a fare da costante sottofondo di tutta una vita. La prefazione è di Pino Aprile.

mercoledì 16 settembre 2015

Brian Biade; Mirabassì-Taufic



1 E 8 OTTOBRE, ROMA

ALEXANDERPLATZ E TEATRO STUDIO GIANNI BORGNA

Brian Biade; Mirabassì-Taufic

Per festeggiare la riapertura, l’Alexanderplatz ha ospitato un ospite d’eccezione: il batterista Brian Biade accompagnato da Scott Colley al contrabbasso e Benjamin Koppel al sax. Il trio di talenti, formato nel 2012, non manca di incisività pur contando su un assetto scarno e tagliente. La forza magnetica di Biade è stata capace di convogliare attorno a sé le energie migliori dei propri compagni di viaggio, che insieme avevano già suonato spesso e che di tale intesa riescono a rendere partecipe chiunque li ascolti: eccezionali doti di improvvisazione e un innato lirismo sono, rispettivamente, la cifra caratteristica di Colley e Koppel. La miscela esplosiva, unita alle indiscusse doti musicali del leader, fa il resto.

Il batterista statunitense, il cui drumming inconfondibile ha dotato di un’espressività unica il proprio strumento, è riuscito per tutto il concerto a dialogare in perfetta sintonia con Colley e Koppel, creando armonie dalle dinamiche imprevedibili, ora incalzanti, ora più dimesse, ma sapendo anche farsi da parte nei momenti in cui i brani lo richiedevano. Un esempio? Un’irriconoscibile In A Sentimental Mood, in cui il sax di Koppel ha svettato regalando momenti di grande intensità.

Il duo formato da Gabriele Mirabassi (cl.) e Roberto Taufic (chit.) presentava invece «Uni Brusii diferente» (Do-dicilune, 2014), che mette al centro i brani meno noti dei più grandi musicisti brasiliani ma anche e soprattutto l’influenza di quegli artisti sulla tradizione jazzistica europea. Non a caso alcune delle composizioni originali dei due musicisti — come Maxixando e Valsinha pra Duda di Taufic e Arrivederci e grazie di Mirabassi — recano traccia di una lezione rielaborata secondo stilemi personali. Il meraviglioso interplay del duo testimonia una lunga collabo-razione. La chitarra di Taufic riesce a evidenziare con acume le atmosfere dilatate dei brani scelti. Tra questi, oltre a una superba Ar rosas nào falam di Cartola, hanno spiccato Quem te viu, quern te ve di Chico Buarque e Tempo feliz dell’immortale Baden Powell.

Lirismo e melodia sono stati la chiave di volta dell’intero live, in cui — accanto all'indiscussa qualità dei musicisti e alla loro capacità di inserire elementi originali nell’interpretazione di grandi classici — va rilevato l’apprezzabile tentativo di mostrare il Brasile in modo realmente differente.

giovedì 27 agosto 2015



4 NOVEMBRE E 16 DICEMBRE, TRENTO E ROVERETO

Terence Blanchard E-Collective;

Franco D'Andrea Sextet

Ly E-Collective, che ha aperto a Trento la storica rassegna in precedenza denominata Itinerari Jazz, pre-J senta una formazione completamente rinnovata rispetto all’ultimo cd del trombettista, «Magnetìc», mantenendo in comune solo il giovane, ottimo pianista e tastierista Fabian Almazan. Gli altri musicisti, altrettanto giovani e poco conosciuti, dimostrano splendida empatia con il nuovo corso della musica di Blanchard.

Le timide pennellate di elettronica che comparivano in quell’album sono diventate un elemento che impregna fortemente questo quintetto, orientando anche l’aspetto compositivo di Blanchard, che guarda al Davis elettrico, al funk, alla fusione con il rock in modo del tutto convincente. Il repertorio presentato a Trento era nuovo, ancora senza titoli, ben calibrato sulla personalità dei musicisti. Tra questi ha spiccato la varietà stilistica ed espressiva del chitarrista Charles Altura.

Ma anche la coppia ritmica formata da Donald Ramsey al basso elettrico e Oscar Seaton alla batteria ha manifestato fantasia, sintonia ed equilibrata energia. Da parte sua, il trombettista si dedica spesso anche all’elaborazione del suono attraverso computer, filtrando in modo forse troppo continuo pure il suono del proprio strumento. Il premiato sestetto di D'Andrea, in concerto nel rinnovato teatro settecentesco Zandonai di Rovereto, ha davvero mantenuto la promessa di costante sviluppo espressa nei due anni di attività. La formazione con Ottolini, D’Aga-ro, Ayassot, Mella e De Rossi è giunta a livelli eccellenti di interpretazione della musica del leader: cosa non facile, vista la profondità di tale lavoro, che stabilisce un formidabile cortocircuito tra idee strutturate con precisione e libertà di espressione, tra sviluppo originale di nuovi percorsi e attenzione alla tradizione del jazz.

La musica che ne scaturisce offre nel contempo una possibilità di fruizione piacevole e di ascolto impegnativo, in un ininterrotto rapporto dialettico tra ciò che sveglia l’empatia melodica, danzante, e ciò che stimola l’intelletto ad argute sfide. Si spazia tra composizioni originali come Tiro Colon e Afro Abstraction, e classici come Caravan e Light Blue, che i musicisti interpretano con il massimo grado di sensibilità e coinvolgimento, interagendo tra loro e con le strutture proposte, portando la propria personalità e nel contempo badando al suono d’insieme, al gruppo come organismo compatto ma elastico.